Mappa elettronica dei terremoti in Giappone dal 3/11.
Fonte: Paul Nicholls, Università di Canterbury.
Eppure non li notiamo spesso e quando ci capita di farlo li troviamo in genere poco interessanti, se non addirittura terribilmente noiosi. Anche quando sono abbastanza comprensibili.
Ma i dati hanno sempre molto da raccontare e sono spesso pieni di sorprese. E più aumenta la quantità e la disponibilità di dati riguardanti la sfera pubblica, meglio è per tutti.
I dati grezzi di pubblico dominio consentono infatti a tante persone di descrivere la realtà in vari modi, con mappe navigabili, infografiche, animazioni e applicazioni web e mobili. E ormai sono innumerevoli le occasioni in cui queste forme di racconto presentano descrizioni nitide della realtà che ci circonda, mostrandone spesso aspetti imprevisti e sconosciuti.
Per esempio, l'ingegnere neozelandese Paul Nicholls, usando i dati sull'attività sismica pubblicati dall'Istituto di studi Geologici degli Stati Uniti (USGS), ha sviluppato Japan Quake Map, una sorprendente sequenza, navigabile e interattiva, degli oltre duemila terremoti avvenuti in Giappone dall'11 marzo 2011 a oggi. La mappa dà un'idea molto vivida della frequenza e della violenza con cui si muove la terra lungo la linea di faglia dove si scontrano la placca tettonica euroasiatica e quella pacifica.
Japan Quake Map è una mappa mash-up. In questo genere di mappe i dati vengono integrati alle mappe elettroniche come quelle di Google. Come altre opere del genere, quella di Paul Nicholls è un contributo alla conoscenza e un racconto di una realtà altrimenti impossibile da cogliere in modo così esaustivo.
L'animazione che segue illustra invece lo sviluppo di una mappa crowdsourced di Londra.
Le linee lampeggianti corrispondono ai dati geografici raccolti sul terreno e aggiunti, tra il 2005 e il 2010, su OpenStreetMap.
Il progetto di mappatura globale OpenStreetMap funziona grazie ai contributi di collaboratori volontari ed è stato ispirato da Wikipedia, l'esempio più famoso di crowdsourcing. La nota enciclopedia ha dimostrato ampiamente come la condivisione dei dati e la collaborazione di un insieme indefinito di persone possa diventare in breve tempo molto efficiente.
I lampi degli aggiornamenti che animano l'OpenStreetMap di Londra sembrano i segnali e le connessioni che corrono tra i neuroni di un cervello. Trovo che la somiglianza tra l'attività di una funzione cerebrale e le immagini dei dati che strutturano la conoscenza di una città sia una cosa sorprendente e bella.
Ed è interessante notare anche quanto in queste immagini sia evidente l'etimologia della parola informazione, che deriva dal latino informare, ovvero dare forma a un'idea. Infatti i dati aggiunti ad ogni aggiornamento di OpenStreetMap fanno apparire la forma di Londra dal nulla, mostrando come sorge, su una mappa, un'idea della realtà.
Ma il video realizzato da ItoWorld è soprattutto un ottimo esempio visivo delle possibilità che apre il crowdsourcing applicato alla mappatura del territorio ed è una dimostrazione, fra le tante in circolazione, delle opportunità offerte dalla condivisione pubblica dei dati.
Su questo tema, nel 2009 e nel 2010, il co-invenore del web Tim Berners-Lee ha tenuto due brevi e interessanti discorsi al TED (1).
Ormai, in un modo o nell'altro, tutti hanno modo di constatare che grazie alle tecnologie dell'informazione e alla reperibilità e disponibilità dei dati di pubblico interesse prodotti ogni giorno nel mondo, è dunque possibile creare mappe che raccontano una realtà specifica o descrivono la realtà da prospettive che mostrano qualcosa che solitamente è nascosto, invisibile o difficile da percepire.
E da qualche anno è piuttosto evidente che la condivisione dei dati e la collaborazione tra gruppi indefiniti ed estesi di persone, o anche associazioni e istituzioni varie, possono contribuire efficacemente all'organizzazione della conoscenza in una misura inpensabile prima.
Non bisogna fare un grande sforzo d'immaginazione per intuire i vantaggi di queste modalità nell'opera di mappatura della contaminazione radioattiva dell'incidente di Fukushima (2). Eppure le autorità governative giapponesi non riconoscono ancora i dati di monitoraggio prodotti da fonti non governative.
Di fatto però, la realtà invisibile delle radiazioni non la stanno raccontando soltanto le istituzioni tradizionalmente preposte, attraverso i funzionari governativi e le stazioni di monitoraggio automatiche. Alle attività di monitoraggio contribuiscono, con le loro ricerche, anche molti scienziati indipendenti e tantissimi cittadini che collaborano volontariamente a diversi progetti indipendenti di mappatura delle radiazioni, come ad esempio Safecast Global Map (3).
Il coinvolgimento di tutte queste persone, organizzazioni e istituzioni, giapponesi e internazionali, impegnate nello sforzo volto a conoscere la portata del disastro, è senza precedenti. Come è senza precedenti l'opera complessiva di raccolta dei dati sulle radiazioni (tuttora in corso) e di mappatura della radioattività in Giappone, la più grande mai realizzata in tempi così brevi.
Questo primato era già stato raggiunto nell'aprile 2011 con la pubblicazione della mappa Nnistar (4).
Il monitoraggio al suolo copre vaste zone del Giappone e il monitoraggio aereo condotto dal governo giapponese ha coperto un'area ancora più estesa, che però fornisce indicazioni generali sul grado e la diffusione della contaminazione (5). Rimane ancora da monitorare il suolo delle zone più difficili da percorrere, come le foreste montane o i fondali dei fiumi, dei laghi e del mare (6). In alcuni punti di queste zone sono stati già misurati livelli di radiazione elevati. Si tratta della parte più difficile dell'opera.
Nella prefettura di Fukushima in questo mese sarà avviato un progetto sperimentale per il monitoraggio delle radiazioni nelle foreste montane, da realizzare utilizzando le scimmie selvatiche che ci vivono, alcune delle quali saranno munite di collari con dosimetri e gps (7).
I dati del monitoraggio della radioattività raccolti finora hanno mostrato che il modo in cui si è diffuso l'inquinamento prodotto dall'incidente è stato per certi versi imprevisto (8, 9).
Oltre a poter rivelarsi sorprendenti, i dati sono prima di tutto preziosi e importanti per riconoscere la realtà. Nel caso dell'incidente di Fukushima, più dati ci sono, più le mappe dell'invisibile realtà della contaminazione radioattiva diventano accurate e dettagliate, permettendo a tutti di confrontarsi meglio con la realtà dei fatti.
E anche se certi governi non sono completamente d'accordo, va da se' che più sono le persone, le macchine ed eventualmente anche gli animali che raccolgono e condividono pubblicamente i dati sulle radiazioni, meglio è.
Note:
Questo articolo è in parte basato sulle informazioni pubblicate da queste fonti:
1. Tim Berners-Lee, L'anno in cui i dati sono diventati di dominio mondiale. TED, febbraio 2010.
2. Mappe wiki delle dosi di radiazione in Giappone. BackyardWorld, 2011/2012.
3. Dahr Jamail, Citizen group tracks down Japan's radiation. Al Jaseera, 10 agosto 2011.
4. Atsuhito Ennyu, Radiation dose rate maps of Japan. Radioisotope, 9 dicembre 2011.
5. Il monitoraggio delle radiazioni. BackyardWorld, 9 maggio 2011.
6. Cesium in Tokyo Bay focus of new study. The Asahi Shimbun, 21 febbraio 2012.
7. Wild monkeys to help gauge Fukushima radiation. The Daily Yomiuri, 12 maggio 2012.
8. 知られざる放射能汚染~海からの緊急報告. NHK, 15 gennaio 2012.
9. NHKスペシャル 知られざる放射能汚染~海からの緊急報告~. 新浦安ナビ plus, Wordpress, 16 gennaio 2012.
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Header image: Geiger counter showing radiation at Minamisoma, Fukushima, Japan. 4 November 2011. Source: osaMu, Flickr, edited by FDN.
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